martedì 17 agosto 2010

E guarda caso...



"E guarda caso a Taranto città ci si ammala di tumore il 31% in più che nel resto della provincia. Di tumori e non di tumori qualsiasi, ma di quelle tipologie di cancro che hanno una relazione specifica con l'inquinamento ambientale. Per esempio: i maschi tarantini hanno il 35% in più di tumori al polmone... e addirittura il 55% di tumori alla vescica... i tumori alla prostata: il 44% in più che nel resto della provincia, e la causa è molto probabilmente il cadmio, un metallo che chiaramente da queste parti è di casa. La metà di tutto quello prodotto dalle fabbriche italiane arriva dall'Ilva."

dal libro "Quindici Passi" di Giuliano Foschini (Galleria Fandango)

venerdì 6 agosto 2010

Taranto, rione Tamburi


Vivere al quartiere Tamburi vuol dire vivere dentro la zona industriale di Taranto. Lungo la linea dell’acquedotto romano, dai cancelli dell’Ilva alle case degli operai, i pochi metri in linea d’aria sono quelli delle più alte concentrazioni di benzo(a)pirene in Italia.
Se la zona industriale è grande due volte e mezza una città sembra quasi che possa mangiarsela quella città.
Camminando ai Tamburi potresti essere in qualunque altro quartiere di periferia, le palazzine basse schiacciate di quell’architettura che colloca e contiene le persone, le famiglie. Dai balconi qualcuno ti guarda passare. Le macchine i motorini, pezzi di motorino, il campetto e il parchetto, tutto silenziosamente ricoperto da una sottilissima polvere rossa.
Il lavoro al Quartiere Tamburi è quello ogni giorno di cacciare via quella polvere dai balconi, dai vestiti stesi, lavare ancora, cercare di togliere, in una battaglia persa con l’aria con l’acqua con la terra e con il fuoco dell’Eni che ti accoglie acceso quando arrivi a Taranto di notte.
Attenzione città inquinata.

martedì 27 luglio 2010

Storie vicine di posti lontani


Il romanzo a fumetti "Morti di Sonno" di Davide Reviati racconta la storia di sei bambini cresciuti nel villaggio ANIC di Ravenna, costruito per ospitare le famiglie degli operai del polo petrochilmico (1958). Non è una storia sulla fabbrica, né tanto meno sull'inquinamento, ma le atmosfere descritte dalla matita di Reviati, gli scenari disegnati, non possono non ricordare da vicino quelli di Taranto.
Per questo (e nonostante questo) è una lettura che ci va di consigliare. Il volume è in libreria, edizioni Coconino Press.

"Per la prima volta la fabbrica entrò nelle nostre vite. Senza bussare." D.R.

giovedì 22 luglio 2010

Giorno dopo giorno

Siamo stati a Taranto, per dare il via al nostro progetto e incontrare delle persone che ci aiuteranno a portarlo a termine. Tutto è iniziato entrando nell’appartamento al piano terra di via De Cesare che ospita la sede locale dell’AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma). Non c’è molto da spiegare a chi vive a Taranto quando si affronta un discorso su e riguardo l’ILVA. Tutti sanno qual è la situazione. Ecco perché non abbiamo avuto bisogno di molte parole per raccontare la nostra idea e il nostro obiettivo. L’Associazione, tra le altre cose, si occupa di assistenza ai malati di tumore e l’abbiamo contattata per realizzare una serie di ritratti. Grazie alla presidentessa Paola D’Andria abbiamo conosciuto Piero Mottolese, un personaggio incredibile, un ex operaio dell’acciaieria che ora trascorre gran parte del suo tempo a filmare e fotografare quello che succede intorno alla fabbrica e ti sa dire con esattezza quello che viene fuori dalle ciminiere. Con lui abbiamo trascorso 4 ore sotto il sole alla ricerca dei punti ideali per fotografare (la vigilanza della raffineria ENI non l’ha presa bene) e abbiamo girato per le strade del quartiere Tamburi. Da qualche giorno un’ordinanza del sindaco Stefàno proibisce ai bambini di giocare nelle aiuole contaminate. Non c’è un cartello che ne dia avviso ai residenti. I bambini che giocano, invece, ci sono. Come dice lo stesso Piero, questo è un quartiere di morti viventi.
Negli stessi giorni abbiamo incontrato anche un oncologo, il dott. Antonio Rinaldi, responsabile dell’ambulatorio di Castellaneta, paese a una mezz’ora d’auto da Taranto. Il dott. Rinaldi segue circa 1.200 pazienti, tantissimi vengono proprio dai Tamburi. Ci ha fornito qualche dato interessante sull’incidenza della malattia e sulle patologie rare che a Taranto sembrano manifestarsi più facilmente che altrove. Non è soddisfatto della condizione in cui si trova a lavorare – la situazione sanitaria del Sud è quella che è – ma sembra piuttosto combattivo. Ci darà sicuramente una mano.
Ora siamo a Roma ma presto torneremo a Taranto per fare altre foto, incontrare altre persone come Paola, il dott. Rinaldi, Ettore del gruppo di “Sensibilizzazioni libere e concrete” che ci ha offerto anche uno sguardo dall’alto di Taranto, della sua “città vecchia”, dei mari che la bagnano e dell’ILVA che la sta intossicando. Inesorabilmente, giorno dopo giorno.

lunedì 19 luglio 2010

Taranto e l'ILVA

Quando una storia viene raccontata perde i confini della proprietà privata e diventa pubblica. Si espone ai commenti, agli sguardi, alle parole che sulle parole di quella storia ne produrranno un’altra e un’altra ancora. Le storie ben raccontate sono il modo più efficace per comunicare e per vedere la realtà, per aprire porte, per fare in modo che dal personale si arrivi all’universale, dal privato al pubblico. Le immagini come le parole veicolano in maniera potente lo sguardo o il giudizio, l’informazione e l’interesse. La nostra è una storia raccontata per immagini.

La storia che vogliamo raccontare è quella di una città, la città è Taranto. La storia di Taranto è strettamente legata a quella di una fabbrica. La fabbrica si chiama ILVA. La fabbrica, presente in Italia con sei stabilimenti, implicata in diversi processi penali per inquinamento, è oggi responsabile del novantadue per cento delle emissioni totali di diossina in Italia, oltre che del rilascio in aria e in acqua di mercurio e altri metalli pesanti. Il Quartiere Tamburi di Taranto è stimato tra i più inquinati d’Italia.

Il legame tra dati d’inquinamento così evidenti, compromissione permanente del paesaggio e del territorio, e fattori di rischio per la salute dei cittadini, è indubbio.

Di questa storia si occupano ogni giorno le persone che chiamano “casa” quel pezzo di terra, che di mattina aprono la finestra sul quel paesaggio, respirano quell’aria più di altri e bevono da quei rubinetti. Che considerano i rischi sulla propria pelle, che vedono il fumo, le macchie, le malattie. Di questa storia poi si occupano tutti i giorni le associazioni di cittadini che tentano la difesa della salute e dell’ambiente, i comitati per il referendum sulla chiusura della fabbrica, gli ambientalisti, i blog su internet, le opinioni, i giornalisti, i fotografi, la televisione, gli approfondimenti, i dossier, gli uffici stampa. Potrebbero trascorrere giorni a leggere come dall’inizio degli anni ’60 la storia di questa città sia legata a quella della fabbrica, e la storia continua e si può raccontare.

Quello che vediamo sotto i nostri occhi è che la situazione ambientale a Taranto è negli anni solo peggiorata, quello che ci interessa valutare è l’esperienza privata, perché siamo sicuri che ci riguarda personalmente, che anche quella è la nostra storia.